"Padre Glenn" di Roberto Ugolini

Fabrizio Valsecchi era noto in curva nord come l’Orco, in paese aveva iniziato da una piccola bottega sotto i portici e nel giro di un paio d’anni aveva creato una sorta di impero. Dai pullman in arrivo scendevano in continuazione comitive di forestieri impazienti, veri e propri plotoni famelici in totale trance agonistica, desiderosi di fiondarsi dentro a uno dei suoi negozi tappezzati di articoli religiosi per accaparrarsi un souvenir.


Daniele Marinoni, detto il Gordo, aveva invece fatto fortuna grazie a sua nonna, Lidia Sparti, un’arzilla ultraottantenne nota ai credenti per essere La Grande Testimone: la prima ad aver visto le stimmate. L’amabile ottuagenaria veniva coinvolta quotidianamente, alle 10:30 del mattino, quando si affacciava dalla finestra per rivolgersi ai pellegrini che si accalcavano sotto la sua abitazione intenti ad ascoltare quella voce fioca narrare del prodigioso evento. Il tour classico aveva un ritmo serrato: si partiva dalla colazione nella struttura convenzionata per poi passare alla visita dei luoghi frequentati dal grande taumaturgo, una breve sosta per un pranzo frugale e poi iniziava la preparazione all’evento clou della giornata: l’incontro con Padre Glenn. I testimoni delle gesta del guaritore riferivano in seguito di sentirsi lievi come foglie che si staccano dai rami e di provare una sensazione di grande pace. Capitava che taluni cadessero a terra, come svenuti. Chi non conosceva il fenomeno poteva spaventarsi, ma poi veniva spiegato loro che chi cadeva nel “riposo”, anche stramazzando violentemente al suolo, non poteva sentire alcun dolore . Ad ogni modo, l’avvertenza sul biglietto parlava chiaro: eventuali malori o infortuni derivati da cadute o svenimenti, non venivano trattati dall’uomo in odore di santità.
In quella che fu piazza Cadorna, e che ormai era nota a tutti come Piazza Padre Glenn, erano dislocate tre tribune: una frontale e due ai lati della passerella che si allungava verso la folla, un enorme palco a forma di “T” sul quale il grande guaritore accoglieva il suo popolo. Al centro venivano fatti sfilare, uno ad uno, i fedeli venuti a chiedere il miracolo, coadiuvati da uno speaker che li presentava e li intervistava dopo il prodigio perché potessero condividere la loro gioia con gli altri pellegrini. Una di questi, la signora Vittoria, si era documentata sul web e aveva deciso di partire convinta dalle numerose testimonianze positive apparse sui social network. Ancora visibilmente emozionata, raccontò di essere stata come ipnotizzata da quello sguardo intenso e soprattutto, dalla croce sanguinante che spiccava sulla fronte del grandioso guaritore. Dopo avergli stretto la mano disse di aver sentito come svanita nel nulla l’artrosi che l’attanagliava da quasi due lustri e, scherzando al microfono, dichiarò che avrebbe anche potuto saltare giù dal palco con un agile balzo. Poi scese le scale, a due a due, accompagnata da canti di incitazione e applausi scroscianti. Quando intervennero quelli del reparto di ortopedia per caricarla sulla barella, il pubblico era già distratto, catturato dalla testimonianza di un nuovo aspirante miracolato.

Il Dottor Borghi chiuse il portatile sogghignando, prese una vodka mignon dal frigobar e si affacciò dal balcone della sua camera. Il consulente tecnico per la Commissione d’inchiesta alloggiava in paese da settimane e collezionava occhiate ostili durante i suoi sopralluoghi. Tutti gli esercenti del posto sapevano che non era un fedele. La Santa Sede aveva infatti istituito un apposito pool e si vociferava che volesse saperne qualcosa in più anche la Guardia di Finanza. Terminate le perizie preliminari, il mattino seguente sarebbero iniziati gli interrogatori. Dal dossier che aveva in mano il Dottor Borghi si evinceva che la comparsa delle stimmate su Gianluca Ponti - noto come Padre Glenn - sarebbe avvenuta nel 2012 di ritorno da un viaggio spirituale. Pochi mesi dopo Ponti avrebbe iniziato anche a guarire le persone bisognose di cure e il primo caso registrato fu quello di tale Maddalena Grassi, alla quale scomparve l’alluce valgo. Il Dottor Borghi si prese una pausa, chiuse il fascicolo e si avvicinò alla finestra. Il paese era semideserto. Per la prima volta, dopo quasi due anni, non ci sarebbe stato il consueto incontro tra il venerato e i suoi fedeli. Tornato a sedere, iniziò a sospirare fissando costernato Ponti, l’inquisito illustre, che si trovava finalmente di fronte a lui.
«Le giuro che in tanti anni di onorato servizio non avevo mai visto niente di più ridicolo».
Dall’altra parte nessuna risposta.
«Quando porterò queste carte in Vaticano saranno dolori per lei e per i suoi complici», sentenziò.
Ponti continuava a osservarlo scuotendo la testa. Dopo circa trentacinque minuti, all’ennesima mancata risposta, il Dott. Borghi si rese conto che stava interrogando non un reticente, bensì un vero e proprio sordomuto. Si accasciò sconfitto sulla scrivania. L’indomani, procuratosi un interprete, ci riprovò finché non vennero finalmente a galla i fatti di sangue del 2012.
Tutto accadde durante una trasferta per un match decisivo in chiave salvezza. A Ponti fu affidata la responsabilità più alta, quella di trasportare la scorta di birra. Compito che fallì miseramente inciampando su un cordolo e cadendo rovinosamente a mani aperte sopra i cocci delle bottiglie infrante. Lo medicarono alla meno peggio, senza indugiare tanto, ma arrivati in stazione persero ogni residua speranza di salire sul regionale «che non è mai in ritardo quando serve». sottolineò il Gordo. Pur di evitare il viaggio in macchina, l’Orco - uomo persuasivo come pochi - li convinse a dirottare un pullman strapieno di pellegrini in partenza per Međugorje. L’aspetto dei tre intrusi destò immediatamente molti sospetti nei passeggeri, anche perché alcuni di loro furono costretti a scendere per fargli spazio. Una volta in marcia, a bordo del mezzo si respirava un clima rilassato nonostante il forzato cambio di programma. In prossimità dello stadio l’Orco fece svoltare il bus tirando opportunamente l’orecchio destro dell’autista e Ponti finì col sbattere la sua spaziosa fronte contro uno dei finestrini laterali a causa della brusca sterzata. Questa volta a medicarlo furono i benevoli passeggeri che si erano ormai affezionati agli affabili ultras. Arrivati sotto la tribuna ospiti per il trio clandestino era arrivato il momento di scendere e di salutare la comitiva, ora libera di riprendere l’itinerario programmato. Finita la partita sul punteggio di tre a zero per gli avversari, così com’erano arrivati, se ne andarono trascinandosi dietro Ponti. Arrivati in stazione lo caricarono di peso sulla carrozza. Durante i viaggi in treno il Gordo era solito bere i liquori rubati al supermercato e spesso diventava molesto. Sulla via del ritorno anestetizzò l’amico malconcio con Martini Rosso e Gordon gin e iniziò ad approfittarsi del suo stato di incoscienza per divertirsi: arroventato il crocifisso portafortuna che teneva in tasca con uno Zippo, gli marchiò a fuoco la fronte. Ponti venne ritrovato la mattina dopo, sanguinante e con la croce in testa ancora incandescente, davanti al Duomo. Era una domenica mattina e c’era grande commozione per quello che fu, agli occhi di tutti, un inequivocabile segno di Dio. La notizia girò velocemente in paese e così, l’Orco Valsecchi e il Gordo Marinoni, presero la palla al balzo e diedero vita alla Fondazione Padre Glenn.
Borghi era attonito. «Il quadro è chiaro. Non le nego che per lei e per i suoi soci si configurano reati gravissimi, ma sarà la giustizia ordinaria a occuparsene».
Poi, particolarmente curioso, chiese: «Invece a me interessa un’altra cosa: ma perché Padre Glenn?».
Ponti riferì che il nome era un tributo a Glenn Peter Strömberg, l’asso svedese in forza all’Atalanta negli anni ottanta, un idolo dei tifosi. Il volto del dottore fu irradiato da un sorriso.
«Adesso può andare, non si allontani però, avrò presto bisogno di risentirla».
Borghi raccolse le sue cose e abbandonò gli uffici con passo sbarazzino. Borsa sul braccio destro e sigaretta sulla mano sinistra, uscì per la consueta passeggiata in centro senza riuscire a togliersi di dosso quell’espressione divertita. Fece sosta di fronte alla vetrina di uno dei negozi di Valsecchi, pensò di entrare a comprare un ricordo di quelle giornate incredibili. Gettò il mozzicone a terra e lo pestò col piede quando qualcuno gli diede una spallata per farsi spazio e uscire. Borghi non fece nemmeno in tempo a protestare, la donna che lo aveva travolto si era dileguata, correndo. Con aria turbata varcò la soglia del negozio e si fermò dopo pochi passi, a metà tra la teca con le calamite e gli scaffali con le statuette; prese in mano un cofano in abete con l’effigie di Padre Glenn.
«Quello è scontato del 30%». sentì dire con voce dolente alle sue spalle. Borghi si girò e vide a terra un ragazzo dall’aspetto malconcio che si stava avvicinando strisciando sui gomiti.
«Tutto bene, non si preoccupi, sono caduto dalla scaletta». disse il giovane con un’evidente ecchimosi sull’occhio destro mentre Borghi lo aiutava a rialzarsi.
All’improvviso, dal retro, sbucò l’Orco Valsecchi che si avvicinò al suo commesso e con una vigorosa pacca sulla spalla lo spedì a mettere in ordine i calendari nell’altra ala del negozio.
«Sono tempi bui Dottore, qui rischiamo di chiudere baracca. Stiamo mettendo in saldo tutti gli articoli, a lei avrei riservato un’offerta speciale» gli disse afferrandogli il lobo dell’orecchio sinistro tra pollice e indice.

«Dottore, venga, iniziamo la conferenza». L’ex consulente prese fiato e si incamminò attraverso la sala gremita sistemandosi al centro della scrivania. Dominava una tensione silente che venne spezzata dall’ingresso di Gianluca Ponti e dall’ovazione che gli tributò il pubblico, tutto in piedi per omaggiarlo. Visto che le incitazioni non accennavano a placarsi, Borghi fece un cenno e aspettò il momento giusto prima di iniziare il suo intervento.
«In questi mesi molti mi hanno chiesto quali motivi mi abbiano spinto ad occuparmi con tanta tenacia di quest’uomo. Ho analizzato migliaia di documenti, ho fatto decine di ore di interrogatori. Ho lavorato giorno e notte per ricostruire la storia, sua e dei suoi miracolati, e vi giuro che stentavo a credere a ciò che avevo in mano».
Fece una pausa e si alzò in piedi afferrando il microfono: con passo lento si avvicinò alla prima fila dove sedevano Valsecchi e Marinoni, li fissò con un sorriso beffardo e riprese a parlare: «Come sia potuta accadere una cosa del genere, di questi tempi, io non lo so davvero. Posso solo prendere in esame dei fatti inconfutabili che da oggi saranno finalmente alla luce del sole, perché non solo il Vaticano, ma tutto il mondo deve sapere. È con decisione che qui, oggi, poniamo le basi per avviare il processo che tutti noi aspettiamo da tempo: la beatificazione di Padre Glenn».

Roberto Ugolini
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